sabato 4 agosto 2012

Profumo di vaniglia


Davanti alla finestra della cucina, nel nostro giardino di Milano, sta per fiorire il clerodendro. Me lo regalò una quindicina d’anni fa Patrizia, amica gentile della casa accanto, che divide con noi la passione per i fiori e per i gatti.
Questo piccolo albero, scrivevo qualche anno fa sulle pagine milanesi del Corriere della Sera, «ha il profumo dell’estate matura. E un nome impegnativo: perché clerodendro in greco significa “albero del destino”».

Il clerodendro del mio giardino
Dopo le fragranti abbuffate di caprifogli e falsi gelsomini, di rose e gardenie, è  giunto il momento di godersi la bellezza di questa pianta abbastanza diffusa nei cortili di città e di campagna, ma ancora poco nota al grande pubblico.
In questo mese gli arbusti in fiore sono rari e preziosi per il giardino, dove ormai prevale la massa composita dei verdi delle foglie e già si cominciano a vedere i primi frutti. Fra i fiori d’estate quelli del clerodendro meritano dunque un posto d’onore.

Il più bello a Milano sta nell’ampio prato di Palazzo Cicogna, in corso Monforte 23, dove a partire dal 1952 ebbe lo studio un grande artista, Lucio Fontana. Ma per ammirare quell’alberetto dalle foglie vellutate non resta che aspettare i giorni in cui le antiche dimore aprono i loro cancelli.
Ce ne sono altri, però, al Parco delle Basiliche, verso via Vetere, o fra i villini novecenteschi di via Compagnoni. E fuori città se ne trovano diversi in Franciacorta o sulla costiera che da Grandola scende a Porlezza, a cavallo fra il lago di Como e quello di Lugano.

Migrato dall’Impero del Sol levante, dove cresce spontaneo al margine dei boschi, fu descritto per la prima volta nel 1784 da Carl Peter Thunberg, botanico svedese, nel suo trattato sulla Flora del Giappone con il nome di Clerodendron trichotomum. Ma è chiamato anche clerodendro serotino, per la sua fioritura tardiva.

Appartiene alla famiglia delle Verbenaceae e ha grandi foglie a forma di cuore. Raggiunge al massimo i quattro o cinque metri d'altezza e si adatta bene ai piccoli giardini, a quegli angoli metropolitani come le piazzette o ai cortili dei palazzi.

I fiori, riuniti in pannocchie al culmine dei rami, hanno un inebriante profumo di vaniglia che si sente da lontano.
Le bacche blu spiccano sul calice rosso
Candidi, a forma di piccoli astri simili a stelle cadenti, essi rimangono sui rami a lungo, sino alla maturazione delle bacche blu cobalto che spiccano sul calice rosso lacca, anch’esso a guisa di stella.
La contemporanea permanenza dei fiori e dei frutti dà a questa pianta una curiosa alternanza, che le consente di mostrarsi in abiti via via diversi fra l’estate e l’autunno. Ed è questa veste cangiante, dapprima bianco-verde, poi immacolata, e infine bianca rossa e blu come un vessillo tricolore che rende il clerodendro una presenza affascinante.

Nell’Italia settentrionale vive bene, ma può essere danneggiato da gelate prolungate o tardive. Conviene quindi metterlo in un angolo parzialmente soleggiato, al riparo dai venti freddi del nord. Di facile coltivazione, si adatta a qualsiasi tipo di suolo, purché sia caldo e soffice. Si moltiplica da solo, attraverso le lunghe radici che si diramano nel terreno e durante il periodo vegetativo emettono polloni e piccoli arbusti qua e là. Così a primavera basta prelevare le nuove piantine e piantarle dove si vuole.

Clerodendron thomsoniae


D’inverno il clerodendro perde le foglie e va a riposo. Ma esistono numerose altre varietà dello stesso genere, originarie delle regioni tropicali dell’Asia e dell’Africa, che compensano la sua assenza nella stagione fredda.
La più bella è Clerodendron thomsoniae, una pianta rampicante con cascate di brattee fogliari color crema che incorniciano le minute corolle cremisi. 
Da noi vive benissimo nelle serre dei giardini d’inverno, ma non disdegna il tepore della casa, dove i suoi rami rigogliosi disposti intorno a una finestra produrranno a primavera una fiabesca giungla domestica.


                                             

                                                                                             Marta Isnenghi



Fiori di mezza estate, profumo, vaniglia, foglie vellutate, Palazzo Cicogna, Lucio Fontana.

Altri articoli sullo stesso argomento sono stati da me pubblicati su Italia Oggi il 20 agosto 1993 e sul Corriere della Sera il 27 agosto 2006.
                

2 commenti:

  1. Albero del destino... Chiede gli cosa prevede per me! :-)
    Ciao,un bacio,

    Chiara

    RispondiElimina
  2. Gliel'ho chiesto, cara Chiara: giorni intensi, capogiri (metaforici si intende) da grattacieli, tanta bellezza, benefiche abbuffate d'arte, storia e scienza. Ma l'albero del destino, cara Chiara, ti raccomanda anche un po' d'ozio, che fa bene alla salute del corpo e della mente.
    A proposito, oggi sul mio blog voglio raccontarvi di un altro albero, antichissimo, capace di svelare il futuro. Seguitemi e vedrete.

    Ciao, baci a tutti.

    Marta

    RispondiElimina