Sono trascorsi
più di novant’anni da quando i primi fiori di loto fecero capolino a Mantova aprendosi, uno dopo l’altro, sulle acque del Lago Superiore.
A trasformare
un’ansa del lago in una distesa di sontuose piante galleggianti fu una ragazza
di Parma.
Amedeo Bocchi, Fior di loto, 1905, olio su tela, Civiche raccolte del Comune di Parma |
Laureata in
Scienze naturali, Maria Pellegreffi lavorava all’Orto Botanico della città
ducale dove, come si vede nel romantico quadro di Amedeo Bocchi, i
flessuosi steli originari di Ceylon, con i loro calici smaltati di rosa,
ornavano una fontana.
L'Orto Botanico di Parma con le serre, istituito nel 1768 |
La giovane Maria
nel 1921 chiese
a Carlo Avetta, direttore dell’Orto,
alcune radici rizomatose e
le portò
a Mantova immergendole nel lago
davanti agli spalti di Belfiore,
là dove furono uccisi gli eroici
martiri del Risorgimento.
Il fondo melmoso
accolse le radici
come una culla e in breve le piante
si moltiplicarono.
Dopo
poco un’ampia porzione del lago era già coperta
dagli splendidi fiori
acquatici.
Nel corso del
Novecento le piante di Nelumbium
nucifera divennero
così invadenti che, di recente, la supeficie da loro occupata è stata ridotta
da 450 a 100 ettari, in modo da lasciare spazio alle altre specie lacustri.
Il sacro loto, uno dei più bei fiori d'acqua, dipinto da Marianne North |
Trapa natans, la castagna d'acqua |
Perché sui laghi di Mantova
si trovano anche le iris e i dorati
ranuncoli palustri,
la castagna
d’acqua con i suoi frutti
e le incantevoli, profumate
ninfee bianche.
Sulle rive, fra
i cariceti,
assieme alle tife e ai salici
si nasconde, a volte,
anche il raro, bellissimo ibisco di
palude.
I mantovani però
non dimenticano la fanciulla del loto e le hanno persino dedicato una via della
città.
Ma, chiederà
qualcuno, il fiore non esisteva già ai tempi d’Omero?
Non fu Ulisse a
legare i compagni e trascinarli via a forza dalla terra dei lotofagi?
Ecco come l’eroe
greco racconta quell’indimenticabile avventura ad Alcinoo, il re dei Feaci, nel
nono libro dell’Odissea, nella limpida traduzione di Rosa Calzecchi Onesti (9,
83-99):
«
….al decimo
giorno
arrivammo alla
terra dei Mangiatori di loto,
che mangiano cibi di fiori.
Qui sul lido
scendemmo e attingemmo dell’acqua;
e subito presero
il pasto presso l’agili navi i compagni.
Poi, come di
cibo fummo sazi e di vino,
allora mandai
dei compagni a informarsi
che gente su
quella terra vivesse, mangiando pane;
e scelsi due
uomini, e terzo aggiunsi l’araldo.
Subito andando,
si mescolarono tra i mangiatori di loto,
e i mangiatori
di loto non meditarono la morte ai compagni
nostri, anzi,
diedero loro del loto a mangiare.
Ma chi di loro
mangiò del loto il dolcissimo frutto,
non voleva
portar notizie indietro e tornare,
ma volevano là,
tra i mangiatori d loto,
a pascer loto
restare e scordare il ritorno.
E io sulla nave
li trascinai per forza, piangenti,
e nelle concave
navi sotto i banchi dovetti cacciarli e legarli.».
L’eleganza e la
bellezza di questi versi mi hanno indotto a riportare quasi per intero
l’episodio narrato da Ulisse e mi auguro che chi lo leggerà non me ne voglia.
Fatto curioso,
secondo recenti ricerche il Nelumbium nucifera non contiene sostanze allucinogene o
soporifere. Non si sa dunque con precisione quale fosse il «dolcissimo frutto»
che dava oblio ai lotofagi.
Certo il fiore è
antico. Ancora prima dei greci, era una pianta sacra per gli egiziani che la
ritraevano e la scolpivano in ogni luogo. Se vi capita di fare una crociera sul Nilo, da Luxor
ad Assuan ogni sito racconta un mondo simbolico, dove faraoni e regine
dialogano con il cielo e con gli dei grazie a offerte di fiori di loto,
splendidamente incisi nei loro bassorilievi rosati e sui capitelli dei templi.
Frammento di pittura murale della tomba di Nebanum, Karnak, circa 1400 A. C. |
E a Karnak, nel cuore di Luxor, non perdete il ricco catalogo
di animali e
piante scolpiti sulle pareti della “camera botanica”
nel tempio dedicato al dio
Amon.
Fra i quali non mancano,
naturalmente, i
fiori di loto.
Fior di loto, nella bella foto de I barcaioli del Mincio |
Ma se preferite
mete più vicine, oltre alla bella Mantova, con i suoi laghi e il verdissimo
parco del Mincio, potete fare un salto a Vaglia, accanto a Fiesole.
Lì, ai piedi
dell’Appennino, il mitico colosso scolpito a partire dal 1579 su disegno del Giambologna per la
villa medicea di Pratolino, troverete altri magici loti in
fiore.
Quasi come Ulisse. Il mitico Appennino del Giambologna, scolpito a partire dal 1579 per la Villa medicea di Pratolino |
Circa dieci anni fa, venerdì 22 giugno 2001, Marta Isnenghi ha pubblicato sulle pagine "Cultura e tempo libero" del Corriere della Sera un articolo d'argomento simile, intitolato "Ottant'anni di fior di loto - Itinerari fra boschi «barocchi», laghi e valli.
In merito alle foto:
Sono di Marta Isnenghi le foto dell'Orto Botanico di Parma e dell'Appennino, il colosso scolpito su disegno del Giambologna a partire dal 1579 per la Villa medicea di Pratolino, a Vaglia (Firenze), poi Villa Demidoff.
Il dipinto del 1905, intitolato Fior di loto, di Amedeo Bocchi, olio su tela di 125 x 260 cm, appartiene alle Civiche raccolte d'Arte del Comune di Parma, ed è tratto da "La Belle Epoque".
Il Fior di loto di Marianne North, pittrice e divulgatrice botanica dell'Ottocento, è tratto dal libro Marianne North at Kew Gardens di Laura Ponsonby, pubblicato da Webb & Bower insieme a The Royal Botanic Gardens, Kew. 1990.
L'illustrazione della Trapa natans, la castagna d'acqua, è tratta da vivereilmedioevo.blogspot.com.
Il frammento di pittura murale della tomba di Nebanum, Karnak, (Egitto), 1400 A. C. circa, Londra, British Museum, è tratto dal libro di Lucia Impelluso e Filippo Pizzoni Grande Atlante dei Giardini in Oriente e Occidente, Electa, 2009.
La foto Fior di loto è tratta da I barcaioli del Mincio, fiumemincio.it, www. la città di Mantova. com.
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